La febbre sta scendendo, ma la malattia resta latente. Dopo quattro anni di attesa e di promesse mancate, in cui la somma dei debiti che le varie amministrazioni pubbliche avevano nei confronti delle imprese è arrivata a superare i 60 miliardi di euro (circa il 4% del pil nazionale), il soccorso della Cassa Depositi e Prestiti ha evitato il disastro. Ma non ha risolto un problema che cova ancora sotto la cenere, pronto a esplodere.
Il decreto semplificazioni – nel dicembre scorso – ha autorizzato Cdp ad erogare i fondi quando la Pa è inadempiente e in attesa che i beneficiari completino tutti i passaggi autorizzativi necessari. Ma si tratta di una pezza a colori. Prima di tutto perché il soccorso è concesso solo per le fatture non pagate ma emesse entro il 31 dicembre. E quindi per questo 2019 siamo di nuovo al punto di partenza.
La regina delle partecipate del Mef, inoltre, è pubblica, ma giustamente segue logiche economiche private e questa attività implica inevitabilmente un aumento dei rischi. Questa soluzione non può quindi essere eterna, anche perché le risorse non sono infinite. E poi la società che gestisce i fondi della raccolta postale deve perseguire attività strategiche di crescita e questo è solo un tampone emergenziale. Infatti se Comuni, città metropolitane, Regioni ed enti del Servizio Sanitario Nazionale continueranno a contrarre debiti il problema è inevitabilmente destinato a riproporsi.
Era il febbraio 2018 quando Matteo Salvini – allora all’opposizione – dichiarava a Confimprenditori che il problema sarebbe stato risolto attraverso l’uso di mini-bot. Poi la soluzione adottata è stata diversa – ed è meglio di nulla – ma la debolezza resta strutturale. Al di là di un miglioramento, infatti, l’ultima rilevazione accertava come rimanessero ancora quasi 30 miliardi ancora da pagare.
Soprattutto, non si sono ridotti i tempi medi di pagamento, che continuano a rimanere letteralmente fuorilegge. Ci vogliono mediamente tra i 27 e i 59 giorni in più rispetto alle scadenze, sebbene si riscontrino situazioni gravi in Comuni e Province con picchi rispettivamente oltre i 300 e i 540 giorni. Secondo uno studio di Banca Ifis su dati Istat, Banca d’Italia e Mef, il 62% degli enti pubblici nel 2017 ha pagato in ritardo. In fondo, senza penalità, mentre se un’impresa ritarda di un mese il pagamento di un’imposta o di una tassa sono guai seri.