Da sempre la manovra che entra in parlamento è diversa da quella che ne esce. Questa, forse, lo sarà ancora di più, visto che è stata approvata “salvo intese” e che dovrà passare il vaglio di una maggioranza con quattro diversi azionisti. E, da sempre, la sessione di bilancio è l’occasione per la politica di pagare il conto delle promesse, di piazzare le proprie bandierine politiche e di molte altre attività non proprio strategiche. Ma attenzione: c’è un limite che non è possibile oltrepassare, quello del caos. Creare troppa confusione, infatti, produce un esiziale rischio. Se in cittadini e imprese verrà instillata ancora una volta e ancora di più la percezione che le regole cambiano troppo in fretta, troppo di frequente, a volte retroattivamente e smontando quanto fatto finora, si alimenta un profondo pericolo dell’incertezza per cui, l’unica cosa da fare è wait and see.
Ci si ferma, si osserva, si aspetta. Solo che così si paralizza la programmazione, si bloccano gli investimenti, si rimettono i progetti nel cassetto. In pratica non si aprono nuove sedi per nuove attività, visto che non è chiaro a quanto ammonteranno gli incentivi per Industria 4.0; non si assumono persone, perché chissà come sarà impostato il taglio del cuneo fiscale; non si comprano gli immobili, perché forse Imu, Tasi e Tari verranno riunite e riformulate e aumentate.
Al di là dei dettagli, pensate a chi ha aperto una partita iva quest’anno e magari ha preso un lavoro che a gennaio prossimo lo porta ad oltrepassare il limite dei 65.000, eventualmente assumendo qualcuno. Se non fosse confermata l’aliquota del 20% fino a 100.000 euro, costui si troverebbe strozzato, ad aver lavorato per nulla. Motivo per cui, la prossima volta, invece di lavorare e di prendere una nuova commessa, ci penserà su due volte. Senza dimenticare ‘quota 100’. Adottata in misura provvisoria e triennale, e in questo già di fatto discriminante, si è parlato di una sua abolizione totale o di riduzione di un anno (il 2021). Se si tratta di correggere una stortura, potrebbe andare bene, ma a patto di tutelare quanti ci avevano già puntato. Se si tratta invece di una vendetta politica, meglio evitare di scaricare le controversie sulla pelle della gente. Se, come sembra, la misura dovesse restare, bisogna cercare di evitare inversioni a u, contrordini e colpi di mano. Ma, anzi, bisognerebbe cercare di uniformare le altre misure esistenti, come ape social, opzione donna e scivoli di vario genere.
Altrimenti, resta tutto nella più totale incertezza. Oppure, per quanto riguarda la digital tax, siamo sicuri che dopo aver aspettato tanti anni ad applicare una misura doverosa, sia questo il modo corretto? C’è il rischio di ricorsi per il divieto di doppia imposizione fiscale. E c’è il pericolo che la soglia minima perché la tassa venga imposta crei pericolose misure di elusione internazionale. Come sempre penalizzando le piccole e medie imprese.
Insomma. C’è molto da fare ed è giusto lo si faccia. Ma le norme che si scrivono determinano poi la vita delle persone. Pensare di cambiarle, cancellare, annullarle fin da principio colpisce la vita stessa di quelle persone. Nel profondo. E ne risente tutto il Paese.