Tanto (troppo) rumore per nulla, perché quello del tetto al contante è un falso problema. Ora, è ovvio che il cash sia più facilmente utilizzabile lontano da sguardi indiscreti, ma bisogna intendersi: i grandi evasori e i gruppi criminali agiscono su livelli diversi e più articolati di quello della “mazzetta” da mille euro. Inoltre, vietare la singola transazione oltre quella soglia non ferma il malaffare visto che chi è malintenzionato ne fa tranquillamente due da cinquecento. Bisogna sottolinearlo, citando ciò che disse Tacito già duemila anni fa: “troppe leggi producono ingiustizia”. E noi in 20 anni abbiamo modificato tale vincolo nove volte e non è che sia cambiato molto.
Anzi, il contenimento a mille euro voluto nel 2011 da Monti e come quello a duemila deciso da Conte nel 2020 non hanno, in entrambe le occasioni, risolto il problema del “nero”, né favorito l’uso del denaro virtuale, ma solo rotto le scatole ai cittadini onesti. Anche perché, per un cambio culturale profondo, sono tutte le transazioni da pochi euro che devono diventare digitali, come già sta avvenendo tra le giovani generazioni. E per quello non c’è punizione che tenga. Sono comodità e abitudine, oltre ad un taglio dei costi sull’uso del pos, a cambiare con il tempo le cose. Una soglia troppo stretta al cash obbliga poi chi non è familiare con certe pratiche, come i molti anziani che ancora ritirano la pensione in contanti alle Poste, a seguire imposizioni vessatorie e, in ultima analisi, inutili.
È vero, come dice Bankitalia, che c’è una correlazione tra cash ed evasione, ma pensare che un limite stringente all’uso delle banconote possa fermare criminalità organizzata ed evasione è assurdo. Mette in difficoltà i piccoli, ma non scalfisce nemmeno i grandi. E se nell’Unione europea ben 10 Paesi non hanno un tetto, tra cui quelli con livelli di “nero” assai inferiori al nostro (Germania, Austria od Olanda), è evidente che la soluzione non è inasprire le pene ma promuovere la moneta elettronica, che passa però per una strada diversa da quella della repressione. Tanto è vero che a ogni restrizione al contante introdotta in passato non è mai corrisposto un aumento delle carte di debito e di credito.
Anzi, da questa misura potrebbero arrivare effetti positivi. Secondo l’Eurispes una emersione del contante in circolazione (quantificato in una cifra superiore ai 200 miliardi dalla Procura di Milano) attraverso l’applicazione di un’aliquota del 20-25% potrebbe servire ad incamerare nelle casse erariali un ‘tesoretto’ pari ad almeno 40-50 miliardi. Si tratterebbe di un elemento di quel “patto” tra contribuente e riscossione che oggi latita. Invece, secondo la Bundesbank, “l’abolizione o la stretta limitazione del denaro contante comporta il rischio di indebolire seriamente la fiducia nelle autorità statali”. Ecco, non è con la caccia alle streghe e non è litigando strumentalmente sulla soglia al contante che si risolve il problema.
Stefano Ruvolo, presidente Confimprenditori Nazionale