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Sul caro benzina, tra speculazione, inflazione, dichiarazioni e ripensamenti: perché nessuno ci ha fatto una gran figura

IL SOLITO COPIONE PER RECUPERARE CONSENSI, DOPO UNA MISURA IMPOPOLARE

L’anno nuovo si è aperto nell’incertezza, con la morsa del caro-energia che continua a intaccare le prospettive di crescita. Il tasto dolente di questo inizio 2023 però, assieme alle bollette, è stato senza dubbio il prezzo dei carburanti, con le conseguenti e notevoli spinte inflazionistiche: la questione benzina, dunque, segna l’ultimo atto del copione con cui è iniziato l’anno del governo.

Piccolo riassunto delle precedenti puntate: l’anno scorso, per le conseguenze della guerra in Ucraina, il prezzo del carburante – oltre che dell’energia in generale – è lievitato talmente che a un certo punto, in Italia, il costo della benzina senza piombo era arrivato a superare i 2 euro a litro. Il governo Draghi scelse di applicare uno sconto sulle accise, le tasse che si pagano sul valore della benzina, praticando un ribasso di 30 centesimi per litro al distributore.

Fu una discesa artificiale, non legata al costo della materia prima, derivante dal fatto che lo Stato scelse di imporre meno tasse su quella vendita. A quel punto l’Erario si era volontariamente privato di un mucchio di risorse, circa una decina di miliardi di euro all’anno. Era chiaro che questa fosse una misura d’emergenza. Nel frattempo – sempre l’anno scorso – il prezzo della benzina iniziò a scendere, in conseguenza delle misure prese per arginare il conflitto Russia-Ucraina.

Fatto sta che, quando il nuovo governo si è trovato a dover scegliere se prorogare o no questa misura di emergenza, ha scelto – e lo ha spiegato anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni – di rinunciare allo sconto e utilizzare quei soldi in un altro modo.

Il prezzo della benzina dunque è cresciuto di 30 centesimi per litro, letteralmente dalla sera alla mattina. Le persone ovviamente se ne sono accorte e la prima reazione del governo – invece di spiegare i perché e i per come, anche legittimi – è stata dare la colpa agli speculatori, alla speculazione e accusare le stazioni di servizio e i benzinai di commettere irregolarità sui prezzi, di fare i furbi e, dunque, predisporre indagini nelle stesse stazioni di rifornimento.

Le polemiche si sono arroventate anche per il pregresso, ossia che gli esponenti di punta dell’attuale maggioranza, avevano promesso più volte di tagliare le tasse sulla benzina definitivamente. Poi, un po’ come a voler mettere una pezza proprio su quel pregresso, a inizio gennaio c’era stato quel video messaggio social, dalla rubrica “Gli appunti di Giorgia” – con cui la premier cercava di spiegare come fosse cambiata la sua posizione – conseguentemente a quella del governo – sull’abolizione delle accise. Nell’episodio incriminato della sua rubrica, difendendo la scelta del governo di non rinnovare dal 1° gennaio 2023 il taglio delle imposte fisse che gravano su benzina e gasolio, Meloni a un certo punto diceva: «Si fanno i conti con la realtà». Che bella frase. Certo è una triste ironia quella per cui la condicio sine qua non per fare i conti con la realtà sia governare, perché gli strumenti per conoscerla, la realtà, li avremmo tutti, trasversalmente.

L’Antifona che i comodi tempi dell’opposizione- quando fioccavano le promesse sui tagli permanenti al prezzo della benzina – fossero dunque terminati, la si era capita già poco dopo Capodanno.

Cosa è emerso in questi ultimi giorni? E’ venuto fuori alquanto rapidamente che non c’era nessuna speculazione, nessuna irregolarità, oppure che magari c’erano delle irregolarità rispetto al comportamento di questo benzinaio o di quell’altra stazione di servizio, ma la spiegazione dell’aumento istantaneo dei prezzi non era un mistero: era un fatto pubblico, la fine dello sconto sulle accise.

A quel punto i benzinai si sono arrabbiati e si sono detti, attraverso le parole dei loro rappresentanti, “umiliati, maltrattati” e hanno annunciato uno sciopero.

Poi il governo ha convocato quegli stessi rappresentanti, cercando di trattare con loro. Il punto è : trattare su cosa? Il governo non aveva introdotto delle misure nuove, legislative, economiche rispetto alle stazioni di servizio, aveva soltanto deciso di non rinnovare uno sconto. Così è iniziata una trattativa bizzarra in cui l’esecutivo – essendosi esposto sul tema della trasparenza, della lotta alla speculazione – ha deciso per esempio, scrivendolo in un disegno di legge, discusso dal Parlamento, di stabilire l’obbligo per le stazioni di servizio di esporre il prezzo medio regionale (in questo modo le persone possono verificare, quando vanno a fare rifornimento, se il prezzo medio è più alto o più basso della media). Questa mossa ha fatto ulteriormente arrabbiare i benzinai, che hanno pochissimo margine per incidere nel prezzo finale, determinato in larghissima parte dalle tasse, dalle politiche e dalle scelte delle grandi compagnie petrolifere.

La trattativa è proseguita e il governo ha proposto ai gestori delle stazioni di tagliare le sanzioni esistenti per chi commette delle irregolarità nella composizione ed esposizione del prezzo.

Lo sciopero è stato sospeso, poi confermato, poi congelato, infine ha avuto luogo, anche se sarebbe più preciso parlare di serrata, anziché di sciopero, perché a chiudere le loro attività, per protesta, sono stati gli imprenditori della distribuzione di carburanti.

La partita non è finita, le trattative continuano. Non sappiamo ancora come andrà a finire questo capitolo che pare sempre più prossimo all’ultimo atto. Sappiamo però che questa storia, iniziata con una lotta tonante contro le speculazioni, sicuramente renderà più facili proprio le speculazioni, sicuramente le renderà meno punibili o punite in modo meno grave. E in ultima analisi: le serrate, gli scioperi, hanno degli impatti molto gravi sulle vite delle persone. Sono degli strumenti legittimi, ma vanno usati con responsabilità. Il balletto della recente serrata andato in scena, prima annunciata, poi sospesa, poi confermata, poi congelata, poi che comincia effettivamente, poi soltanto una sigla sindacale si stacca, una volta che la serrata è iniziata, in altri casi prosegue… ecco tutto questo, non comunica ai cittadini una linea seria, coerente. Nessuno, in questa storia sempre sull’orlo dell’ultimo atto, ci ha fatto una gran figura.

Stefano Ruvolo,

Presidente di Confimprenditori Nazionale

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