(Il settimanale) – 28 febbraio – Giuseppe Marcata
Un report di Confimprenditori denuncia l’impatto economico degli attacchi degli Houthi. Il
presidente Ruvolo chiama il governo: «Urso ascolti le imprese italiane, bisogna salvare
la nostra economia»
«Negli ultimi tre mesi l’Italia ha perso 3,3 miliardi di euro per mancate o ritardate
esportazioni e 5,5 miliardi per il mancato approvvigionamento di prodotti manifatturieri.
Chiediamo al ministro Adolfo Urso di intervenire per salvare il Made in Italy, un mercato
da oltre 500 miliardi che da solo vale circa il 30% del Pil del Paese»
Da Confimprenditori arriva l’ennesimo allarme sulle ripercussioni economiche della crisi
nel Mar Rosso: «Servono decisioni immediate e concrete per sostenere questo settore –
ha sottolineato il presidente, Stefano Ruvolo – e scongiurare una crisi economica che
potrebbe rivelarsi disastrosa per l’intero sistema Italia».
«Dopo essersi seduta al tavolo con i sindacati, con il popolo dei trattori e con gli
imprenditori della Silicon Valley, chiediamo alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni,
di confrontarsi con il popolo degli imprenditori italiani»
ha detto Ruvolo, in occasione della presentazione alla Camera dei Deputati del report
sulla crisi nel Mar Rosso. «Tra i nostri associati non abbiamo aziende che porteranno
l’uomo su Marte, ma le piccole e medie imprese sono il motore della nostra economia.
Aiutare il popolo degli imprenditori significa salvare il tessuto economico italiano».
Le imprese continuano a lanciare allarmi sulla situazione critica che si è venuta a creare
nel Mar Rosso, dove i traffici commerciali da dicembre sono drasticamente calati a
causa degli attacchi terroristici da parte degli Houthi lungo le coste dello Yemen.
Situazione che costringe le navi a cercare rotte alternative più lunghe, con un aumento
dei tempi e soprattutto dei costi, tra straordinari agli equipaggi, carburante
supplementare, noli rincarati e assicurazioni. I prezzi vanno alle stelle, le merci
deperibili si deprezzano, le fabbriche rallentano per mancanza di componenti e
materie prime, l’export langue. Qualcuno tenta vie alternative come treni o aerei, ma i
sovraccosti sono gli stessi se non di più. Con il Mediterraneo che rischia di essere
tagliato fuori.
«A soffrire di più in Europa la crisi del Medio Oriente sono le piccole e medie imprese
italiane – ha sottolineato il numero uno di Confimprenditori – La loro quota di export
manifatturiero diretto nei Paesi extra Ue è pari al 32,7% del totale europeo, con un
valore addirittura doppio rispetto alle omologhe imprese tedesche. Il mercato import ed
export via mare vale per l’Italia 254 miliardi di euro. Oggi il traffico marittimo sul
Mediterraneo è già in calo a vantaggio dei porti del Nord Europa.
Se questa situazione dovesse protrarsi, il fattore di crisi, ossia la scelta di porti
nord europei, potrebbe diventare l’unica alternativa per il commercio, con
ripercussioni ancora più negative per l’Italia. Chiediamo allo Stato di comportarsi da
socio di maggioranza delle nostre piccole e medie imprese e di investire nuovo capitale
nell’azienda Italia. Aiutare le piccole e medie imprese ad affrontare questa crisi significa
sostenere il Made in Italy e salvare la nostra economia».
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