Estendere la platea del contratto a chiamata è la soluzione più immediata per arginare il vuoto normativo creato dall’abolizione dei voucher e ridare vero slancio all’economia. E’ questa la ricetta che Confimprenditori propone condividendo pienamente la preoccupazione lanciata dalla Corte dei Conti, durante la presentazione del rapporto annuale sul coordinamento della finanza pubblica. La Corte dei Conti pur parlando di una timida ripresa economica, ravvisa molte criticità relativamente alla pressione fiscale e a sacche di lavoro sommerso.
E proprio quello del lavoro accessorio e la sua risoluzione è una necessità che metterebbe al riparo dal lavoro nero, visto che i buoni lavoro hanno in questi anni aiutato le imprese a combattere il lavoro sommerso, lesivo dei diritti e degli interessi del lavoratore per l’assenza di versamento di contributi. Trovare un’alternativa ai voucher vorrebbe dire andare incontro alle imprese, che come confermato dalla Corte dei Conti devono fare i conti con una pressione fiscale tra le più elevate dei paesi Ue, come evidenziato dal total tax rate stimato per un’impresa di medie dimensioni.
Il cuneo fiscale colloca al livello più alto la differenza fra costo del lavoro a carico dell’imprenditore e reddito netto del lavoratore”, ben 10 punti sopra l’onere medio nel resto d’Europa. Anche i costi di adempimento degli obblighi tributari che il medio imprenditore italiano è chiamato ad affrontare, sono significativi, come sottolinea ancora la Corte dei Conti: 269 ore lavorative, il 55 per cento in più di quanto richiesto al suo competitore europeo. Un’esposizione tributaria tanto marcata – ammonisce la Corte – non aiuta il contrasto all’economia sommersa e la lotta all’evasione (di qui le devianze altrettanto rilevanti in entrambi i fenomeni). Ecco perché secondo Confimprenditori, per quanto i dati parlino di una ripresa, è impensabile non legare questa al taglio del cuneo fiscale sul lavoro, fondamentale per dare prospettiva alle piccole e medie imprese.