La burocrazia fiscale italiana danneggia i professionisti del settore – come denuncia in un’intervista al Corriere della Sera Marcella Caradonna, presidente dell’ordine dei commercialisti di Milano– ma crea un danno enorme anche alle imprese osserva il presidente di Confimprenditori Stefano Ruvolo intervenendo nel dibattito suscitato dalla protesta dei commercialisti di fronte all’introduzione di 50 nuovi codici di tributo e di una serie di nuovi adempimenti. Nella giungla burocratica del fisco le aziende rischiano di smarrirsi e di logorarsi. Basti dire che in Italia, paese a elevatissima pressione fiscale ci vogliono 240 ore per pagare le imposte, il 47,2% in più della media Ocse che è di sole 163 ore. Sono costi economici salati che costringono le aziende a disinvestire in tecnologia e formazione e investire in risorse in grado di inseguire e assecondare i tempi e modi della burocrazia. Un problema quello del tempo perduto delle aziende a cui doveva rimediare la rivoluzione digitale sul fisco che, come nota ancora la dottoressa Caradonna, non c’è stata. Il problema è che la burocrazia non ha mai dei responsabili diretti. Ma è la politica che dovrebbe assumersi le sue responsabilità.