Confimprenditori Salento riparte dai giovani e dalle loro idee. Apre in questi giorni la sede dell’associazione che segue le province di Taranto, Lecce e Brindisi. A parlarci delle nuove sfide che attendono il territorio pugliese e l’associazione, Vincenzo Sorrentino, presidente (responsabile) della sede salentina.
Quali sono i problemi con le quali le aziende del suo territorio si trovano ad operare quotidianamente?
Per quanto riguarda le province di Taranto, Brindisi e Lecce, che sono quelle in cui opero come Confimprenditori Salento, il grosso dei problemi è legato all’imprinting che è stato dato al territorio dalla presenza della grande industria: il polo siderurgico di Taranto, quello petrolchimico di Brindisi. Il tutto a scapito delle piccole e medie imprese e delle startup totalmente penalizzate. Si è letteralmente creato un blocco imprenditoriale che ha anche smorzato la libera iniziativa dei giovani. Questa tendenza inizia ad invertirsi ma su questo siamo in ritardo. I giovani non hanno letteralmente avuto il tempo per creare un know how personale per affrontare la crisi, innovarsi e andare avanti. Quindi le industrie grandi sono sopravvissute, seppur fra mille difficoltà, quelle piccole sono crollate o non sono nate. Ma non solo questo.
E a cos’altro si riferisce?
La crisi non è stata ed è solo una crisi economica. Lo è anche dal punto di vista associativo. C’è stato un lento ma profondo distacco fra le associazioni datoriali e il mondo delle piccole e medie imprese che non si sono più riconosciute nelle vecchie sigle ma che hanno visto erodersi una fetta di rappresentanza. Ancora oggi si fa fatica a far intravedere, attraverso il lavoro di Confimprenditori Salento per esempio, che l’associazionismo datoriale può ancora esistere e può dare voce ad una realtà complessa e variegata. Alla crisi di identità delle associazioni datoriali corrisponde anche una scarsa lungimiranza politica a livello nazionale che non ha attivato delle strategie congrue al rilancio delle Pmi.
Come ha risposto alla crisi la sua regione?
Quello pugliese è un territorio che ha sofferto la crisi come tutti: dalle grandi alle piccole imprese, perché la crisi non ha risparmiato nemmeno l’indotto. Le piccole imprese, però, proprio perché storicamente minori e schiacciate dalle grandi, non sono state in grado di rispondere adeguatamente. Non sono riuscite ad innovarsi e ad uscire dal mercato locale per imporsi su quelli internazionali. Ad esempio in Puglia abbiamo una grande forza che è quella del settore agroalimentare ma l’entrata nel mercato globalizzato per alcuni è rimasta solo una parola.
Si inizia a parlare di timida ripresa dalla crisi. Ha notato dei cambiamenti a riguardo?
Diciamo di sì. Ci sono province che hanno reagito. Penso ad esempio alla provincia di Lecce e al boom turistico di questi anni che hanno fatto di Lecce un traino per tutta la Puglia. Del resto questa è una terra con risorse e bellezze naturali che possono essere sfruttate proprio per aprire una nuova stagione imprenditoriale.
La crisi ha fatto posto alle Pmi o sono più quelle che ha decimato?
La crisi ha colpito tutti, grandi e piccoli. Ecco perché come Confimprenditori Salento ora crediamo sia necessario puntare su una nuova generazione imprenditoriale che passi però da una formazione continua e costante. Come associazione datoriale noi dobbiamo dar loro sostegno, aggiornandoli in materia di Welfare aziendale, fornendo nuova contrattualistica di cui Confimprenditori è firmataria. Puntare di più sulla ricerca e l’innovazione settore d’elezione delle startup dei giovani.
L’accesso al credito per le Pmi resta uno dei temi caldi: le aziende come si muovono tenuto conto dei diversi canali che hanno a disposizione tra banche, fintech e bandi regionali?
Andrebbe aumentata l’informazione e qui il nostro ruolo come Confimprenditori Salento diventa un ruolo chiave. Bisogna instaurare con gli imprenditori un rapporto di fiducia, seguirli giorno per giorno e aiutarli nella scelta degli strumenti finanziari. E’ questo uno dei compiti delle associazioni datoriali.
Riscontra ancora diffidenza nel girare sul territorio e nel proporre un’associazione datoriale come Confimprenditori?
Diciamo che segnali di diffidenza ce ne sono stati. Più che altro girando ho raccolto le preoccupazioni degli imprenditori sulla rappresentanza. Ovviamente addossare la colpa a questa o a quella sigla datoriale non serve. Serve cambiare rotta e dimostrare che qualcosa le associazioni possono e devono ancora fare.
Quanto sono importanti e quanta presa hanno sulle aziende i bandi europei?
Per chi li utilizza sono fondamentali e diventano necessari soprattutto quando si parla di startup. Molti dei bandi regionali puntano proprio sulle aziende giovani, sulla loro capacità di indirizzarsi verso ricerca e innovazione. Anche sui bandi regionali associazioni come Confimprenditori devono lavorare per aumentare la platea degli aventi diritto e qui ritorna il discorso dell’informazione.
La rivoluzione digitale sul fisco quanto tornerà utile alle aziende?
Per ora è difficile dirlo anche perché procede lentamente ma bisogna considerare anche che una rivoluzione del genere si scontra con altri deficit: come la mettiamo con i problemi delle reti informatiche? Insomma ci sono tante cose di cui tener conto.
Tre problemi con i quali le imprese si scontrano quotidianamente e con i quali dovrebbe confrontarsi la politica.
Il costo del lavoro, in primo luogo. Alle imprese costa tanto assumere e la burocrazia in questo ci mette il suo carico da mille. Bisognerebbe creare delle figure più snelle e dinamiche ma questo pare essere ancora un tabù. In secondo luogo, le infrastrutture. La logistica ha creato e crea più di qualche intoppo. In ultima istanza, l’informazione. Serve attivare delle profonde e mirate campagne di informazione che mirino a dare spazio e fiducia ai giovani. Non smetterò mai di dire quanto sia importante per la Puglia ripartire da loro, scommettere sulla piccola e media imprenditoria.