L’ipotesi che a fine anno molti di coloro che sono stati assunti nel 2015, terminati gli incentivi del Jobs act, finiranno per ingrossare le fila dei disoccupati, rischia di diventare realtà. Dalla manovra finanziaria del 2015 ad oggi, grazie al bonus contributivo, sono stati assunti un milione e mezzo di persone a zero contributi.
I nuovi contratti a tempo indeterminato stipulati in quell’anno, con lavoratori disoccupati o assunti a termine, hanno goduto e godono di uno sgravio pari a circa ottomila euro l’anno per un triennio. Terminati gli incentivi tuttavia le imprese si troveranno a pagare i contributi pieni con un aggravio del costo del lavoro tra il 25 e 30% del costo del lavoro. A quel punto cosa accadrà? Quasi nessuno ne parla ma la realtà è che la politica di incentivi a tempo non è mai risolutiva. E’ stato un errore limitare all’arco di due anni la politica di sgravi alle imprese per favorire le assunzioni, un tempo insufficiente anche ad agganciare stabilmente la ripresa.
La realtà è che servono politiche strutturali sul lavoro: a partire dal taglio del cuneo fiscale per continuare con l’implementazione delle Zes, le Zone Economiche Speciali con fiscalità agevolata, che non dovrebbero essere limitate al solo Mezzogiorno, come nel decreto sud, ma estese a tutta Italia. Ci auguriamo perciò che nell’attesa manovra d’autunno si affronti seriamente il problema dell’uscita dalla crisi e del rischio di un rinculo della disoccupazione evitando di ricorrere ancora a misure tampone. Ci auguriamo che questo governo lasci in eredità al successivo l’archiviazione della politica degli spot ponendo le basi per una vera politica economica in favore delle imprese e dunque del lavoro.
Intanto auguro ai nostri lettori e ai nostri associati buone vacanze, a fine agosto saremo di nuovo in campo per portare avanti le battaglie di sempre, con energia rinnovata e moltiplicata.