Sono davvero così incoraggianti i dati Istat di agosto sull’occupazione come sostiene il ministro dell’economia Padoan e con lui il ministro del lavoro Poletti e con loro l’ex premier Renzi? Mica tanto se si considera che il calo di due decimi della disoccupazione che scende all’11,2 per cento è inferiore di ben due punti rispetto alla media europea e che soprattutto il dato è condizionato dalla spinta dovuta all’impiego stagionale e alla cancellazione dei voucher. Fattore quest’ultimo che ha determinato la necessità di stipulare contratti a termine.
Siamo insomma di fronte a una ripresa fragile segnata da un incremento dell’occupazione effimero e lo dimostra il fatto che rispetto ai mesi precedenti il numero degli occupati permanenti è praticamente fermo. Chiedere dunque fiducia sulla base di questi dati nelle politiche occupazionali fin qui perseguite – gli incentivi a termine per le assunzioni – è fuor di luogo. Una nuova stagione di incentivi infatti – che si prefigura come asse portante della legge di bilancio allo studio del governo – potrà contenere l’emorragia occupazionale compensando temporaneamente le fuoriuscite dal ciclo produttivo determinate dalla fine degli incentivi previsti dal jobs act ma non segna la fine dell’occasionalità delle politiche economiche, rimandando sine die provvedimenti strutturali sul costo del lavoro e il taglio delle tasse alle imprese. Che sono l’unica strada per rimettere veramente in moto la crescita e dunque l’occupazione, oltre gli asfittici spot a cui negli ultimi anni siamo stati abituati.