Lunedì dovrebbe essere varata dal Consiglio dei ministri la legge di stabilità. A parte proiezioni molto ottimistiche sulla riduzione del debito nei prossimi anni – smentite dal Fondo monetario internazionale, che stima una ripresa molto più lenta per il nostro paese – impressiona l’impegno per il rinnovo del contratto degli statali che assorbirà risorse per oltre 2 miliardi e mezzo di euro per garantire gli 85 euro lordi a dipendente pubblico che il governo si è impegnato ad erogare. Una misura di cui francamente non si sentiva l’impellente urgenza considerando che i dati di implementazione occupazionale nel privato registrati la scorsa settimana dall’Istat risultano caratterizzati da una precarietà diffusa e che il lavoro sommerso ha sempre un peso considerevole sull’economia nazionale e sempre più ne avrà dopo l’inopinata abrogazione dei voucher.
E questo mentre sul fronte delle imprese si continua a perseguire la politica degli incentivi – circa due miliardi di incentivi alle assunzioni degli under 29 spalmati su tre anni – per ammortizzare l’impatto imminente degli incentivi a scadenza sul Jobs act. Praticamente nulla di strutturale viene riservato alle imprese – come ad esempio un deciso taglio all’Ires, che ci avvicinerebbe alla media europea. Si configura dunque una manovra puramente elettorale, che rimanda le clausole di salvaguardia condizionata senza affrontare i nodi veri dell’economia nazionale peraltro in una fosca atmosfera dove regna la più completa incertezza politica sul futuro. E basterebbe leggersi l’ultimo report dell’agenzia Moody’s sul nostro paese per non stare affatto tranquilli. Un quadro che preoccupa moltissimo imprese e professionisti .