La legge di bilancio, di cui si attende ancora la versione ufficiale, è stata definita dal premier Paolo Gentiloni una manovra snella. Questo è un eufemismo visto che si tratta piuttosto di una manovra di puro mantenimento dell’esistente. Il grosso delle risorse del provvedimento – 15 miliardi della manovra – verrà caricato per evitare l’aumento delle aliquote Iva, il resto per rinverdire la politica degli incentivi con gli sgravi fiscali per l’assunzione dei giovani come a tamponare l’emorragia di occupazione derivante dalla fine degli incentivi del Jobs act.
Per un paese che è in fondo alla classifica europea per tasso di crescita – malgrado i proclami trionfalistici di queste settimane – e in pole position per le cifre della disoccupazione, che ha avuto un aumento del debito pubblico negli ultimi anni di 80 miliardi, ci si poteva attendere molto di più. A cominciare dal taglio della spesa pubblica improduttiva per ridurre la pressione fiscale su cittadini e aziende. Al contrario sulla spending review non c’è nulla di serio in questa legge di bilancio.
Insomma il governo Gentiloni ha deciso di non decidere a fronte di decisioni che invece altrove verranno prese presto, come quella che verrà sancita in sede europea con la fine del quantitative easing. Decisione che rischia seriamente di tornare a far impennare lo spread. Si naviga senza una rotta.