Sono sempre di più le persone in Italia che grazie ad accordi con le aziende possono scegliere dove, come e quando lavorare: nel 2017 – rileva l’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano in una ricerca presentata a Roma – sono stati circa 305.000 i lavoratori che hanno sperimentato questo tipo di lavoro agile con una crescita del 60% sul 2016. In pratica ormai oltre il 6% delle persone potenzialmente interessate allo strumento (quasi cinque dato che si esclude il lavoro nella manifattura, nei servizi alla persona ecc.) sono coinvolte in concreto.
Il dato è comunque ancora lontano da quello europeo che registra una media del 17% della platea interessata allo Smart Working che è concretamente coinvolta. Al momento in Italia il lavoro agile coinvolge una modesta percentuale di lavoratori, poco più del 5% con una distribuzione differenziata a seconda degli ambiti (il 36% nelle grandi imprese, il 7% nelle Pmi, il 5% nella Pubblica Amministrazione). Siamo ben lontani dalla media Ue del 17%.
Secondo il report l’utilizzo intensivo di questo strumento coinvolgendo il 70% della platea potrebbe portare a un aumento di produttività di circa il 15% per lavoratore che a livello di sistema Paese significherebbero 13,7 miliardi di benefici complessivi. Dal report “Smart working ed evoluzioni normative”, redatto da JobsinAction emerge la necessità di promuovere a livello contrattuale un modello di organizzazione spazio – temporale innovativo del lavoro attraverso nuovi approcci manageriali, di gestione delle risorse umane e di flessibilità degli orari di lavoro più orientata a limiti di orario settimanale e non giornaliero.
“Obiettivo centrale oggi, ha spiegato la capogruppo Pd nella Commissione Lavoro del Senato e promotrice dell’iniziativa, Annamaria Parente – diventa quello di incoraggiare lo sviluppo dello smart working attraverso politiche ad hoc, pensate per il raggiungimento dell’inclusione sociale per aumentare la partecipazione nel mercato del lavoro anche delle persone con disabilità e per aiutare la conciliazione lavoro famiglia”. Fra i vantaggi del lavoro agile una maggiore soddisfazione di lavoratori e lavoratrici grazie anche alla conciliazione con i tempi della vita privata, un risparmio mediamente di 40 ore all’anno in spostamenti e maggiori competenze digitali. Infatti sapere usare il Pc portatile, lo smartphone, le piattaforme di Cloud computing rappresentano le condizioni indispensabili per lo smart working.
Fra le case histories presentate, quella della Microsoft che, come spiegato dall’ad di Microsoft Italia Silvia Candiani, “ha introdotto lo smart working oltre 10 anni fa e questo ci ha consentito di organizzare il lavoro in modo più flessibile e attento alle responsabilità dei singoli. Il 79% dei dipendenti dichiara di essere più produttivo”.
“E’ una legge giovane – ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti – che permette di stare in connessione con un mondo dinamico. Ci consegna degli strumenti importanti, ma la transizione verso una reale applicazione dello smart working deve essere armonizzata con i bisogni delle persone. Maggiore integrazione e sostenibilità con le esigenze delle persone”, ha concluso Poletti, “diventano centrali insieme alle competenze e al diritto alla disconnessione”.
La prima legge sullo smart working in Italia è stata approvata in Senato in via definitiva nel maggio del 2017. Una rivoluzione quella dello smart working che nei prossimi anni vedrà protagonisti i millenials. Il lavoro agile prevede inoltre alcune questioni da affrontare, come sottolineato dalla senatrice Parente: competenze, salari, orari, accesso alla banda larga alcuni dei temi connessi.
Fra gli indirizzi attuativi proposti da JobsinAction durante la presentazione del rapporto, lo smart working come un potenziale notevole per garantire maggiore inclusione sociale, sia in termini di accesso al mondo del lavoro di persone con disabilità, sia per una reale inclusione di genere, consentendo altresì una maggiore conciliazione dei tempi vita-lavoro.