Il presidente della commissione europea Juncker non è nuovo a uscite maldestre e fastidiose, non solo dal punto di vista del galateo politico ma anche per mercati e investitori. Tuttavia non bisogna nascondersi dietro un dito: il rischio dell’ingovernabilità sollevato da Juncker esiste, così come quello di un conseguente scenario di speculazione nella nostra area e di una perdita di fiducia da parte dei mercati sulla nostra capacità di debitori.
Quasi nessuno lo ricorda ma la fine del quantitative easing – malgrado le assicurazioni di un prolungamento dell’applicazione di strumenti di tutela – porterà condizioni nuove meno vantaggiose per l’Italia. Non solo: a metà del prossimo marzo – quando non si sa se avremo in Italia un governo – la Bce e la commissione europea riscriveranno le regole bancarie. Tra queste ci sono i maggiori oneri di garanzia richiesti agli istituti bancari sui prestiti, con l’obbligo di aumento del proprio capitale pari al credito concesso. Questo significa una decisa stretta sul credito e conseguentemente un’ulteriore difficoltà per le imprese già strangolate da fisco e burocrazia di ottenerlo. Più che fare polemiche con Juncker dunque o brindare a qualche decimale di Pil in più dunque, chi intende seriamente governare questo paese lasci perdere bonus, incentivi e spacconate sulle cose fatte e si concentri su un piano ampio di investimenti e defiscalizzazione per le imprese. Altrimenti saranno dolori.