Forse ora si comprenderà meglio il senso di quanto Confimprenditori diceva da settimane, ossia che il malcontento di imprese e forze produttive si sarebbe sentito nelle urne. Ecco, lo schiaffo che il paese reale ha assestato all’establishment è la reazione a una narrazione falsa della realtà. Falsa la ripresa dovuta alle presunte buone riforme del governo Renzi (un misero 1,5% accanto a cifre sulla disoccupazione a due cifre), falsa la crescita della fiducia di imprese e consumatori, falsa l’immagine dell’Italia che ripartiva, dell’occupazione che cresceva. Falsa anche la rottamazione della vecchia politica.
Volevano abrogare il Cnel – per snellire e riformare lo Stato dicevano – e sono stati famelici nell’occuparlo coi metodi più antichi della lottizzazione e della spartizione; dicevano di tagliare le tasse e nell’ultima finanziaria le hanno aumentate soprattutto per le imprese; parlavano di ripresa e intanto le imprese piccole e medie continuavano a patire la stretta della crisi, oltre che dei crediti loro negati da quello stesso Stato che gli metteva le ganasce fiscali anche solo per un errore. Immaginiamo che da oggi saranno in molti – anche tra le associazioni datoriali schierate per il Si al referendum – a dire che era tutto scritto, che sono stati fatti degli errori madornali, che le imprese andavano ascoltate di più. Non importa, quello che è importante oggi è guardare costruttivamente al domani. Chiunque governi tragga lezioni da questi ultimi anni: si ricordi la centralità delle imprese soprattutto delle piccole e medie e misuri su questo comparto le politiche economiche che verranno.