L’Assegno di ricollocazione, il tanto atteso contributo in denaro che lo Stato stanzia a favore dei disoccupati, dopo un lungo periodo di attese e rinvii, entra vigore: fino a 5.000 euro per chi non ha un lavoro. Una dote che lo Stato fornisce al disoccupato che percepisce la Naspi da almeno 4 mesi per la sua formazione e riqualificazione, così da renderlo “appetibile” per le imprese e il mercato del lavoro in generale: sarà infatti possibile – fa sapere il Ministero del lavoro – richiederlo anche rivolgendosi ai patronati convenzionati con l’Anpal.
Entra così nella piena operabilità il principale strumento delle politiche attive del lavoro introdotto con il Jobs act, la cui messa a regime si è avuta il 14 maggio dopo un periodo di sperimentazione. Giocano un ruolo fondamentale le competenze e il grado di istruzione dei partecipanti, inseriti nel loro profilo di occupabilità, una stima assegnata al fine di misurare le probabilità di trovare un nuovo posto di lavoro.
L’assegno di ricollocazione viene incassato dall’agenzia o dall’ente di formazione che ha seguito il disoccupato, ma solo se quest’ultimo riesce a trovare un lavoro.
Per ottenere il contributo in denaro, l’ente o l’agenzia di formazione deve riuscire a trovare per il disoccupato un contratto di assunzione a tempo indeterminato, un contratto a termine di almeno 6 mesi (da 3 a 6 mesi nelle regioni Basilicata, Puglia e Sicilia) oppure un contratto part time al 50%.
Approfondiamone gli aspetti normativi con il nostro esperto di giuslavorismo, l’Avv. Giovanni Di Corrado, Direttore del Centro Studi Confimprenditori. Ecco la sua ultima pubblicazione sulla rivista Guida al Lavoro.