Strano che la nomina del nuovo Segretario generale del Cnel – al di là del merito sulla persona di Paolo Peluffo – non abbia suscitato le reazioni di chi nemmeno un anno fa voleva cancellare l’ente di palazzo Lubin dalla faccia della terra. Della serie: ciò che non riesci a rottamare lo puoi sempre occupare. Ora seguirà come da copione il respingimento dei ricorsi rispetto alle nomine del nuovo consiglio del Cnel firmate la scorsa estate dai crociati della sua abrogazione. Ci sarebbe stata un’altra strada ovviamente: quella di una vera riforma del Cnel.
All’indomani dell’esito del referendum del 4 dicembre 2016 Confimprenditori ha presentato una riforma che oltre a contemplare un allargamento dei poteri del Cnel prevede il totale autofinanziamento dell’ente da parte delle associazioni datoriali e sindacali che ne vogliano far parte. Con l’autofinanziamento oltre ad assolvere un principio di economicità si toglierebbe al governo di turno l’arbitrio di nominare gli amici senza alcun criterio che non sia la cooptazione, a spese dei contribuenti. Quella proposta è ancora lì come a dimostrare che tra la rottamazione e la lottizzazione a camere sciolte in corso in queste ore ci sarebbe la strada della ragione e del riformismo.