Era stato lanciato un “bonus fiscale” per favorire la moneta elettronica, né è uscita una penalizzazione per chi adopera il contante. Solo una politica specializzata in “complicazione di affari semplici” poteva tirar fuori soluzioni che, invece di accompagnare un lungo e ordinato processo di transizione verso la società cashless, colpisce da subito e in modo indiscriminato sia chi crea lavoro (costretto ad adeguarsi a nuove gabelle), che i più deboli che magari non usano e non hanno mai usato le carte di pagamento elettronico. Insomma, si dimentica della realtà, visto che la maggioranza degli italiani (l’86%) ancora preferisce il contante e che la questione è prima di tutto culturale.
Nella manovra sono stati infatti imposti obblighi dall’effetto controproducente, che penalizzano gli onesti e non combattono l’evasione. In un Paese in cui i Pos sono ancora poco diffusi non si può escludere che, di fronte ai nuovi e aggiuntivi obblighi, parte delle spese saldate in contanti scivolino nel nero. Inoltre, tutti gli esercenti, così come gli artigiani, sono oggi obbligati ad acquistare un registratore di cassa telematico per comunicare tempestivamente all’Agenzia delle Entrate gli incassi: una spesa a carico di chi lavora, che non combatte la vera evasione e che può rivelarsi totalmente inutile. Anzi, l’ennesimo colpo basso di uno Stato nemico della piccola impresa, poiché stiamo parlando di migliaia di euro (600 euro per l’apparecchio, più il costo della rete internet aziendale di circa 100 euro al mese, più il bollino finale del registratore) che devono essere spesi, coercitivamente, senza nessun vantaggio.
Non solo. Per usufruire delle agevolazioni fiscali al 19%, dal primo gennaio i cittadini dovranno pagare con moneta elettronica, ma è lo stesso governo nella relazione tecnica a certificare che molti italiani perderanno tali benefici. Tra le 15 categorie di spese detraibili che saltano se si usa il contante ci sono infatti le spese mediche (usate da quasi 16 milioni di italiani), le attività sportive per bambini e ragazzi, gli abbonamenti ai mezzi pubblici, le spese veterinarie e tanti altri servizi tradizionalmente pagati in banconote. Perfino per chi fornisce assistenza alle persone non autosufficienti è incluso. Perché non basterà più la ricevuta, ma serve il documento comprovante il pagamento elettronico.
Questa decisione che appare del tutto discriminatoria (un pagamento è sempre un pagamento) si penalizza chi abita nei piccoli centri e, in particolare, gli anziani. Ancora una volta lo Stato dimentica che la maggior parte dei contribuenti che presentano il 730 sono pensionati. I quali hanno quasi tutti la carta libretto di Poste, che è gratuita, ma che non funge da Bancomat. I pensionati quindi saranno costretti ad aprirsi un conto corrente se non vogliono perdere le detrazioni fiscali previste dalla legge. Poi non bisogna poi stupirsi che le piccole attività stiano scomparendo e i nostri paesi morendo, a vantaggio della grande distribuzione. O che i grandi colossi del web pagano tasse irrisorie in qualche paradiso fiscale.
Queste politiche sono messe in campo solo da chi non conosce la realtà. O non vuole vederla, perché chi non emetteva prima lo scontrino, di certo non comincerà a farlo ora. E chi non chiedeva la fattura prima, figuriamoci se lo farà ora visto che sarà impossibile da scaricare. Ecco, ammettiamo pure che si volesse facilitare la transizione verso la moneta elettronica e combattere l’evasione fiscale, purtroppo qui c’è stata solo una complicazione di affari semplici. Per l’ennesima volta contro i più deboli e contro chi lavora.