La distanza tra la realtà e la politica è sempre più ampia. Lo dimostrano la quantità di adesioni ai due principali provvedimenti bandiera del governo, reddito di cittadinanza e “quota 100” per le pensioni. Al di là delle discussioni teoriche sulla bontà dei provvedimenti, infatti, sono i numeri a smentire le previsioni di chi li aveva annunciati. E testimoniano, inoltre, che tra chi decide e i cittadini il solco è sempre più grande, segno che i primi sono sempre meno in grado di capire le esigenze dei secondi. Il Ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, oltre ad annunciare che avrebbe cancellato la povertà, aveva previsto di stampare 5-6 milioni “carte di cittadinanza”, in quanto quello era il numero di persone sotto la soglia di indigenza stimato dall’Istat. Poi la cifra si era ridotta a 3 milioni, ma per ora sappiamo che, per diverse e varie ragioni, le domande presentate sono circa un milione, anche se poi chi andrà a riscuotere davvero l’assegno – visto che talvolta gli importi sono esigui – sarà ancora di meno. Insomma, o il provvedimento è fatto male oppure non risponde alle esigenze dell’Italia.
O tutte e due le cose insieme.
Lo stesso errore di valutazione è stato fatto nella stima della platea di italiani potenzialmente interessati a “quota 100”, misura tra l’altro temporanea e parziale che serve per andare in pensione anticipata rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero.
I numeri forniti dai sindacati dicono che, ad oggi, le uscite anticipate richieste, sono 128 mila contro le 290 mila ipotizzate dall’esecutivo, cioè il 44% e quindi meno della metà. Nell’arco dei tre anni poi, le richieste saranno in totale 325 mila, cioè un terzo delle 973 mila stimate. Evidentemente, anche qui, qualcosa non ha funzionato.
Se il successo non certo esaltante di questi due provvedimenti bandiera dei due alleati di governo, alla fine dei conti, lascia qualche soldo in più nelle disastrate casse dello Stato (quasi 7 dei 21 miliardi messi a bilancio) è evidente che, a livello di principio, la politica non capisce più la società, non approfondisce, non studia e non sta a sentire le vere esigenze delle persone, delle famiglie, delle aziende. Un tessuto di vita quotidiana, di italiani che racconterebbero ai politici dei problemi relativi ad un cuneo fiscale troppo elevato, ad un taglio delle tasse sempre promesso mai realizzato, ad una semplificazione amministrativa inesistente, ad un alleggerimento della burocrazia che non c’è, ad infrastrutture inadeguate e tutti quei temi che spesso ripetiamo ma ancora più spesso la politica dimentica.