Le tasse non sono solo alte e con servizi non corrispondenti, ma sono prima di tutto ostiche. Per questo l’annuncio del Ministro Gualtieri di voler avviare una riforma complessiva del sistema fiscale con una legge delega da adottare entro aprile non può che essere accolta con favore. Ma a due condizioni. La prima è che l’annuncio non cada nel vuoto, come troppo spesso accade. La seconda è che si pongano obiettivi raggiungibili, concreti. Quindi puntando prima di tutto alla semplificazione.
Certo, un taglio del carico fiscale sarebbe doveroso. Ma prima di “tagliare” serve “disboscare”. Le imposte sono troppe, stratificate, mutevoli, di dubbia interpretazione, talvolta retroattive. E solo per capirle già bisogna pagare qualcuno che le interpreti (il 5% dei bilanci). Ma non solo, perché sono anche inique, visto che con 20 mila euro di reddito e due figli a carico il fisco chiede al lavoratore dipendente 16,8 euro, con un’aliquota effettiva dello 0,1%, mentre pretende 1.421 euro dal pensionato e 1.786 euro dall’autonomo. Cioè 106 volte di più. Una follia.
Purtroppo poi, invece di pagare 100 euro una volta sola, specialmente imprese e autonomi sono obbligati a pagare dieci imposte diverse con importi variabili, scadenze modificate, modalità assurde. Oltretutto, la tassa principale, l’Irpef, funziona male, visto che il tasso di evasione è intorno al 13,5% e gli “sconti” (detassazioni, sgravi, detrazioni, deduzioni) arrivano a 120 miliardi. Una giungla iniqua in cui appena si superano i 28.000 euro lordi di reddito, il “ceto medio” arriva a pagare quasi quanto un milionario. A questo, poi, si sommano Imu, Irap, Ires, Iva, Tasi, ecc..
Un caos in cui, peraltro, i più furbi hanno gioco facile nell’approfittarsene, mentre gli onesti pagano per tutti. E non è un caso che ci siano 20 miliardi di accertamenti effettuati ma che lo Stato non riesca a riscuoterli. Ecco, semplificando il sistema, ci sarebbe anche un minor tasso di evasione. Non fosse altro per la minore fatica nel doversi mettere in regola. Per cui, a quel punto, con maggiori introiti, sarebbe potenzialmente più facile anche tagliare le tasse.
Occorre, dunque, mettersi al lavoro per stabilire aliquote ragionevoli, scadenze chiare, procedure semplici. No cavilli, no deroghe, no rinvii, nessuna retroattività. Nessun satanismo fiscale e fine dell’inversione dell’onere della prova (oggi è il cittadino che deve dimostrare di essere innocente, come avviene nelle dittature). Disboscare il sistema fiscale non è solo possibile, ma doveroso. E non solo per i contribuenti italiani, ma anche per gli investitori, che se evitano di puntare sull’Italia è anche per colpa della giungla tributaria. Insomma, bisogna disboscare il sistema fiscale. Per l’etica, ma anche per la convenienza, visto che la spinta sull’economia sarebbe inevitabile.