Speriamo che venga modificata, perché la legge di Bilancio che ha appena iniziato il suo iter parlamentare è piena di incongruenze. Ora, i margini di intervento erano (e restano) assai stretti e la priorità era evitare l’aumento dell’iva. Tuttavia, sono le altre misure aggiunte a lasciare perplessi. La scelta di garantire a 4,5 milioni di lavoratori dipendenti un bonus annuale modello 80 euro è opinabile, ma con una logica. Quello che, invece, rientra nell’assurdità sono le modalità con cui si vanno a trovare i soldi a copertura.
Prendete il caso della riduzione degli incentivi (in sostanza, un aumento del prelievo fiscale) sulle auto aziendali ad “uso promiscuo”, quelle che il dipendente usa anche privatamente. Attualmente si tratta di un “benefit” su cui il lavoratore paga il 30% di tasse. Nella manovra si passa al 60% per le auto “poco inquinanti” e al 100% per le altre. In pratica, se pure i nostri sgravi sono sotto la media Ocse (al 50%), in un solo colpa andremmo sopra tale livello, con un aumento del 100% nel migliore dei casi e del 233% nel peggiore. Devastante, tanto più che il prelievo sarebbe lo stesso per top manager e rappresentanti e agenti che magari guidano per centinaia di chilometri ogni giorno per stipendi non certo faraonici.
Tra le 550.000 auto aziendali esistenti, quante sono in uso ai dirigenti e quante, invece, a semplici lavoratori? Sicuramente la maggior parte. Senza contare che il mercato dell’auto sta soffrendo di una lunga contrazione, a cui questa misura imporrebbe ulteriore fardello. Insomma, puro autolesionismo, come lo è la crociata contro il contante. Non perché non sia giusto incentivare la tecnologia della moneta elettronica, ma perché è sbagliata la caccia alle streghe verso le banconote. Sia per una ragione di tradizione e di cultura, sia perché obblighi e divieti complicano la vita dei cittadini senza apportare nessun beneficio allo Stato, come dimostrano molteplici esperienze del passato. Negli ultimi 15 anni, infatti, il limite del contante è stato spostato già otto volte, ma non è mai cambiato nulla. Per cui ora non avrebbe senso portarlo prima a duemila e poi, dal 2022, a mille. Nemmeno per combattere l’evasione. Tanto più che, per dire, in Germania il limite non esiste. Sarebbe solo una complicazione, per esempio per i negozi che lavorano con i turisti o per gli amministratori di condominio che già oggi riscuotono ‘a mano’ più di un miliardo di euro di rate, spesso da persone anziane che non hanno l’home banking.
Lo stesso vale per le multe di 30 euro (più il 4% del valore della transazione) che si vogliono infliggere a chi non accetta pagamenti con carte di credito. In passato era già scattato l’obbligo, senza successo. Per cui non si capisce perché dovrebbe funzionare ora. Tanto più che capita facilmente di sentirsi dire che “il pos è rotto” o “non c’è linea”. Che poi, il fenomeno dei pagamenti elettronici è comunque in crescita (+11,6% nel 2018) e il contante (tra assicurazione, trasporto, deposito) ha sempre un costo, per cui bisognerebbe accompagnare il fenomeno, non intervenire con il lanciafiamme bruciando indistintamente tutta la foresta, erba buona ed erba cattiva.
Insomma, si partiva da una base molto stretta per questa manovra e con un obiettivo molto preciso (fermare l’aumento dell’iva). Raggiunto, purtroppo, si sono aggiunte molte, troppe assurdità: tasse sulle auto aziendali, guerra al contante, ma anche sulle cartine da tabacco, sulle vincite ai giochi, sullo zucchero e sulla plastica. Sempre in maniera scomposta. Per cui è evidente che c’è molto da correggere. Purtroppo l’effetto negativo degli annunci sta già dispiegando i suoi effetti. Bisogna fermarsi in tempo, evitando di perseverare nell’errore.