Quanto dura il governo? E chi sono i candidati per le Regionali? E come verrà giocata la partita delle nomine nelle partecipate pubbliche? Ed esiste davvero un gruppo di “responsabili” pronto a venire in soccorso al governo, pur di evitare la fine della legislatura? Il dibattito politico di questi giorni è purtroppo molto teatrale, tanto da trasformarsi in teatrino. E pure se sembra essere in frenetica attività, si occupa di questioni di potere, di politica politicante. E dimentica una cosa fondamentale: gli italiani.
Ci sarebbero i sondaggi, infatti, a dire che nel Paese non c’è voglia di ribaltoni, nessuna intenzione di cambi di governo o nuove elezioni. E se i cittadini vogliono “stabilità” è perché sperano venga risolto (almeno) qualche problema. Perché non si può non essere preoccupati per il futuro. D’altra parte, i segnali che arrivano dal Paese reale e dall’economia sono allarmanti. Per l’Italia la Commissione europea prevede sia per quest’anno che per il prossimo una misera crescita dello 0,3%. Ultimi in Europa, distanziati dal +1,1% della Germania (penultima, con una crescita del 266% più alta rispetto a noi) e dal +1,4% della media Ue (+366%). Considerando che l’ultimo trimestre del 2019 si è chiuso in negativo di tre decimali, poi, potremmo anche cadere in recessione.
La nostra disoccupazione è sempre intorno al 10%, il debito pubblico aumenta, i salari non crescono ma le tasse sì. I giovani talentuosi se ne vanno all’estero mentre le imprese non trovano manodopera qualificata. Sono stazionari i consumi, mentre crollano sia gli investimenti che la richiesta di presiti bancari da parte delle imprese. Comprensibile, visto che è difficile in una situazione come questa avere ancora la voglia, il coraggio, l’energia per mettersi in gioco. D’altra parte, solo un folle può tentare la fortuna in un Paese con un fisco pesante e iniquo, infrastrutture scadenti, burocrazia opprimente, giustizia lenta e persecutoria.
Bisogna aggiungere i rischi che arrivano dalla diffusione del coronavirus, dai dazi doganali, dalle tensioni internazionali (Libia, Egitto, Siria e Turchia solo per rimanere nella nostra area geografica). Purtroppo, in tale difficile contesto la politica sembra dedicarsi solo agli equilibri parlamentari, al rapporto tra Renzi e Zingaretti, tra Conte e Mattarella, alle nomine nelle partecipate. E mai alle cose da fare per il Paese. Tanto è vero che il Parlamento è fermo, con solo un decreto legge convertito negli ultimi 50 giorni (su Alitalia) e con solo due leggi ordinarie approvate durante tutto il Conte2. Consiglieremmo ai legislatori un approccio diverso, più concentrato sui bisogno degli italiani e meno sui giochi di potere.