Dunque sembra si stia profilando nella maggioranza l’ipotesi del grande scambio tra il taglio del cuneo fiscale e l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto. Insomma diventa sempre più concreta l’ipotesi di un aumento dell’Iva, misura contro la quale Confimprenditori ha già manifestato la propria contrarietà.
Le clausole di salvaguardia sull’Iva, introdotte nel 2011 e che prevedono proprio l’innalzamento dell’Iva nel caso in cui lo Stato non riesca a reperire le risorse pianificate salvaguardando così i vincoli con la Ue, sono state poste dal governo Renzi e in realtà scatterebbero già dal prossimo anno, con un aumento dal 10 al 13% e dal 22 al 25% per un valore di circa venti miliardi. Ma se lo scambio tra aumento dell’Iva e taglio del costo del lavoro soddisfa le aspettative dell’Europa e gli equilibri di maggioranza, è palese che non soddisfi affatto le piccole e medie imprese che costituiscono il 97% della forza produttiva del paese. Quella forza produttiva che non dimenticherà l’ennesima promessa disattesa, ossia che l’Iva non sarebbe aumentata.
L’aumento dell’Iva – secondo Confimprenditori – avrebbe come immediata conseguenza la compressione dei consumi interni con effetti certo non virtuosi per le aziende. Ed è quanto ha sostenuto anche Pier Luigi Bersani secondo cui “solo i consumi danno motivo ai privati di investire”.
Per Confimprenditori l’ipotesi migliore sarebbe quella di un taglio mirato e selettivo del cuneo fiscale sul lavoro con una misura strutturale limitata alle detrazioni per i lavoratori dipendenti e le loro famiglie. Anche considerando che negli ultimi 5 anni la tassazione per i lavoratori dipendenti è aumentata del 1,8%. Una proposta che Confimprenditori ha già fatto nei giorni scorsi e che potrebbe davvero tagliare le tasse sul lavoro, rendendo più facile la vita alle piccole e medie imprese.