Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni rivendica gli interventi a difesa delle banche in difficoltà come “giusti e doverosi”: ha ragione. Al netto delle responsabilità su cui la commissione d’Inchiesta appena varata dal presidente Mattarella dovrà indagare, l’intervento del governo è servito a salvare risparmiatori, obbligazionisti e migliaia di piccole e medie imprese coinvolte nel crack degli istituti veneti. Tuttavia ricordiamo al presidente Gentiloni che le piccole e medie imprese non rischiano l’osso del collo solo quando finiscono nelle spire di qualche fallimento bancario. Rischiano il fallimento anche quando versano nell’impossibilità di riscuotere crediti maturati con la pubblica amministrazione.
Una situazione assurda che sul nostro paese ha recentemente attirato un severo monito dal commissario al mercato interno della Ue ma di cui in Italia non parla nessuno. Quando i dati sono allarmanti: le stime della Banca d’Italia parlano di 64 miliardi di debiti commerciali inevasi dalla Pa. Che si aspetta dunque per intervenire su questo tema? A partire magari dalla prossima legge di bilancio mediante la garanzia della cassa depositi e prestiti e l’anticipazione delle fatture relative ai crediti certi ed esigibili da parte degli sportelli postali. Per avere questi soldi le imprese devono costituirsi in banche? Battute a parte, dopo il Salva-banche adesso serve un Salva-imprese.