Roma, 02 dic – La decisione del governo italiano di estendere la Web Tax a tutte le imprese, senza limiti di fatturato, nell’ambito della legge di bilancio 2025, potrebbe far chiudere migliaia di PMI. Nata per colpire i colossi del web, la tassa andrà invece a gravare sulle imprese più piccole, compromettendone la competitività e la crescita in un contesto economico sempre più digitalizzato. È l’allarme lanciato da Confimprenditori, che ha realizzato uno studio su “L’impatto della Web Tax sulle PMI”, presentato al Senato insieme al Presidente dei Senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri.
Con l’estensione della Web Tax alle PMI, le aziende che dipendono dal web per le loro attività commerciali (e-commerce, marketing online, software as a service, ecc.) potrebbero affrontare un ingente aumento dei costi diretti. Questa tassa includerebbe diverse voci di spesa, come i ricavi derivanti da alcuni tipi di vendite online, la pubblicità su piattaforme digitali, le transazioni su marketplace e-commerce e i servizi di cloud computing.
L’esodo verso mercati più favorevoli.
Un altro rischio evidenziato dal report è quello di un “esodo digitale”. La Web Tax potrebbe spingere le PMI a spostare le proprie attività verso mercati internazionali con regimi fiscali più favorevoli, come gli Stati Uniti o l’Asia. Questo fenomeno potrebbe causare non solo una perdita di competitività per l’economia europea, ma anche una diminuzione delle entrate fiscali e dell’occupazione nei Paesi che adottano subito la tassa.
Le nuove regole e l’eliminazione delle soglie.
La Web Tax, introdotta con la legge di bilancio 2020, prevede un’aliquota del 3% sui ricavi derivanti da specifici servizi digitali, tra cui pubblicità online, trattamento dei dati e piattaforme e-commerce. Sebbene inizialmente pensata per le multinazionali, la nuova legge di bilancio elimina le soglie attualmente previste: un fatturato globale di 750 milioni di euro e un fatturato italiano di 5,5 milioni di euro, una misura che tuttavia potrebbe placare i pericoli di una nuova commerciale con l’arrivo del nuovo Presidente USA Donald Trump.