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L’occasione del Def 2019

A guardare il bicchiere mezzo vuoto, il Def certifica un pesante rallentamento dell’economia. A guardarlo mezzo pieno, invece, si tratta di una diagnosi veritiera e non del solito “libro dei sogni”. E questo non è da sottovalutare, visto che solo una volta stabilita una corretta diagnosi si può partire con la giusta terapia.

In pochi mesi si è passati da stime di crescita del pil di +1,5% a +0,1% e poi alla recessione. Il livello del deficit è passato da +2,04% a +2,4% e il debito è stimato verso il 133%, mentre si scommetteva che sarebbe sceso intorno al 131%. Tutto ciò nonostante siano stati cambiati i criteri di calcolo del pil, con la revisione al rialzo di quello nominale.

Il decreto crescita e lo sblocca cantieri dovrebbero far aumentare di un decimale la crescita, ma solo “salvo intese”, che finora non ci sono. Per le misure prese, invece “quota 100” non ha alcun impatto, mentre il reddito di cittadinanza arriva a due decimali. Per cui, senza, saremmo in piena recessione, e cioè sotto zero e con la retromarcia inserita, per tutto il 2019.

Insomma, c’è da essere preoccupati. Sia per il presente che per il futuro, visto che per l’anno prossimo il disavanzo che prima era stimato all’1,8% diventerà del 2,1%, ma sempre se verrà alzata l’iva e verranno incassati almeno altri 23 miliardi dalle tasche dei cittadini.

Tuttavia, da questa dura diagnosi – che è avvenuta per un accidente della politica, più per caso che per volontà delle forze di maggioranza – si può ricavare del buono. E cioè che non c’è più spazio per spese assistenziali, misure elettorali e ogni altro sperpero di soldi che non sia destinato alla crescita e alle imprese.

Insomma, una terapia d’urto per la nostra economia, fatta di investimenti pubblici, che siano volano di quelli privati e strumento di rinnovo dell’offerta. Una terapia a base di taglio delle tasse e semplificazione amministrativa. A base di attenzione rivolta alle imprese e alla parte produttiva del Paese.

 

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17 Ottobre 2024

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