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Manovra d’inverno: piovono emendamenti, aleggia lo spettro dell’esercizio provvisorio e per il fisco… l’ennesima occasione mancata

Alla Camera la tensione è palpabile da giorni, per il grande classico italiano di fine anno. La legge di bilancio passa dal Parlamento per il Solstizio d’Inverno, ma rischia di rimanerci incagliata ben oltre il Natale. L’esecutivo è in affanno sulle promesse elettorali, rincorre le modifiche e sta cedendo al pressing di Bruxelles.

Pos, molto rumore per nulla

Al centro del cosiddetto maxi emendamento l’eliminazione della norma relativa al Pos. Ne abbiamo sentito parlare per settimane, in un dibattito che era diventato piuttosto agguerrito. Il governo prometteva di togliere un obbligo, quello di accettare i pagamenti elettronici per qualsiasi somma, iniquamente introdotto a giugno dal governo di Mario Draghi, con l’intento pubblicitario di “contrastare l’evasione fiscale e fornire migliori servizi ai consumatori”.

Non abbiamo mai risparmiato una voce critica riguardo alle intenzioni del precedente esecutivo. Occorre specificare poi che in molte giurisdizioni europee non sono previsti limiti di utilizzo al contante: fra queste ci sono Paesi come Austria, Germania (dove però sopra i 10mila euro scatta un obbligo di registrazione delle operazioni e dell’identità di chi versa/paga in contante), Olanda o Finlandia, che – notoriamente – non sono certo patrie di evasori. Il cuore della questione non è dunque la quota stabilita dei contanti, ma la correttezza nel modus operandi quando, al momento del pagamento, si rilasciano le dovute ricevute fiscali o fatture. In Italia il tema dei contanti è un eterno ritorno trasversale, per tante categorie, anche perché noi imprenditori ci troviamo a gestire un costo spropositato di commissioni bancarie, cosa che, invece, in gran parte dei Paesi Eu non è così gravosa. Per uscire dallo stallo dovrebbe essere lo stesso esecutivo a fare pressione sulle banche per un azzeramento, o almeno una riduzione considerevole dei costi di commissione per l’utilizzo dei Pos.

Tetto al gas, il prezzo è troppo alto

Torniamo alla Manovra. Il governo porta a casa l’accordo politico europeo sul tetto del gas, ma a valutarne gli effetti, al di là dei proclami trionfalistici, molti esperti non pensano che la misura avrà l’effetto di abbassare le bollette. E’ indubbiamente alta una soglia di 180 euro al megawattora e il prezzo deve inevitabilmente confrontarsi con i mercati internazionali, con il Gnl e con tutta una serie di parametri. Sicuramente non era semplice raggiungere l’equilibrio ideale, ma il price cap sarà difficilissimo da applicare, poiché nei contratti coi fornitori si legge che il prezzo del gas è legato alla quotazione del Ttf, non si parla certo di “price cap”, ergo si rischia plausibilmente di finire in contenzioso. Senza dimenticare che l’accordo Ue non è piaciuto alla Russia che, come riferito dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, lo considera “inaccettabile” e definisce l’intesa una “distorsione del mercato”, promettendo “una reazione” da parte di Mosca. Ci mancava solo questa…

Rinvio tregua fiscale, buco nell’acqua imperdonabile

Non vi sarà alcuna cancellazione delle cartelle sotto i mille euro e su questo non possiamo che essere in disaccordo totale. Occorreva un segnale in una situazione simile, segnata da una guerra di cui stiamo solo subendo gli effetti economici, con caro bollette fuori controllo e rischio rincari anche per i beni di prima necessità. Non bastavano le conseguenze del conflitto, tre anni di pandemia, l’inflazione che morde. Serviva un segnale concreto da parte del fisco e noi di Confimprenditori – come Associazione che rappresenta 320mila piccole e medie imprese – invochiamo da anni l’urgenza di siglare la pace fiscale tra Stato e cittadini e mettersi finalmente il passato alle spalle. La pace fiscale rappresentava l’occasione per dare l’abbrivio a quella riforma fiscale che serve al Paese.

Il fantasma dell’esercizio provvisorio

Facciamo mente locale: la legge di bilancio va approvata da entrambe le Camere entro la fine dell’anno e c’è un rischio effettivo di ritardo, per quanto il governo abbia fatto passare il messaggio che gli emendamenti arriveranno poco alla volta, nei prossimi giorni. Era ovvio che, dopo un voto politico insolitamente autunnale, per i tempi tecnici richiesti dalla formazione del governo, rispettare la tabella di marcia per l’approvazione della Manovra sarebbe stato complesso.

Oggi assistiamo a una “tela di Penelope con linea Maginot del ministero del Tesoro”, come l’ha definita Fabio Savelli sul Corriere della Sera. La notizia dunque non è lo slittamento, ma il merito delle modifiche. Mancano ancora le coperture su alcune delle misure bandiera dei partiti di maggioranza. Il ritardo sul voto della Manovra si sta facendo gravoso e pericoloso, con lo spettro dell’esercizio provvisorio che, da fantasma, sta prendendo corpo e diventa uno scenario verosimile.

In un momento storico come quello che l’Italia sta affrontando, con il caro energia che stritola le imprese e il caro vita che affossa le famiglie, l’esercizio provvisorio potrebbe rivelarsi un problema non da poco, con un esecutivo che a sua volta si troverebbe a fronteggiare una diminuzione della fiducia da parte delle istituzioni europee (già messa a dura prova dal Qatargate, che vede 60 eurodeputati coinvolti), nonché da parte di possibili investitori esteri che, in tal caso, potrebbero non vedere il nostro Paese sotto la migliore delle luci.

Non proprio un bel regalo di Natale.

Stefano Ruvolo,

Presidente di Confimprenditori Nazionale

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