Bisogna muovere il risparmio, spostarlo da sotto il materasso alle attività produttive. Sebbene alcuni tentativi siano già stati fatti (con i piani individuali di risparmio, il prestito vitalizio ipotecario, il taglio delle tasse per gli investimenti delle casse), infatti, l’Italia è un paese con tante risorse private, ma scarsissimi investimenti. Per cui, con il contributo di fondi pensione, assicurazioni e casse previdenziali, sarebbe necessario convogliare l’ingente ma immobile gruzzolo a disposizione verso la crescita economica, le imprese, l’economia reale.
Anche perché, da una parte il nostro pil pro-capite, oltre ad essere sostanzialmente fermo, è inferiore di 10 punti rispetto alla media del continente, di 23 punti verso Berlino e di 43 rispetto agli Stati Uniti. Dall’altra il patrimonio privato è valutato dalla Banca d’Italia in 9.500 miliardi di euro, circa nove volte il reddito disponibile, mentre la Germania ci si ferma a 6,3 e per gli Usa a 4,8. Non in assoluto, ma in proporzione, la nostra ricchezza privata è alta, ma che non frutta nulla. In parte ciò è dovuto a una questione culturale, in parte dal fatto che abbiamo il tasso di proprietari di casa più alto al mondo e quindi siamo molto “immobili”. Un po’, purtroppo, abbiamo tralasciato il problema.
Gli esperimenti fortunati, come i Pir che nei primi due anni avevano raccolto 12 miliardi di risparmi individuali da investire in imprese, non sono stati portati avanti. Adesso si parla di un loro ripristino. Il decreto crescita ha previsto interventi fiscali sui fondi chiusi a scadenza (Eltif), per veicolare alle piccole aziende non quotate risorse ferme nei conti correnti. Ma non basta. Le casse previdenziali, per esempio, hanno un patrimonio in crescita che, secondo l’Adepp, è salito dai 65,6 miliardi del 2013 agli 87 del 2018. Un tesoro che le casse stesse, complici i bassi tassi di interesse, vogliono investire nell’economia reale. Purtroppo dal 2011 manca ancora un regolamento attuativo, per cui per ora resta tutto fermo, sotto al materasso. Assurdamente.
Tra l’altro anche le assicurazioni, le fondazioni bancarie e i fondi pensioni si sono resi disponibili a mettere parte del loro immenso patrimonio in investimenti strategici a lungo termine. Il governo ha ascoltata, ma non ha agito. In un contesto di bassa crescita e investimenti assenti, con la politica monetaria che non produce più effetti, con margini di bilancio strettissimi, come si può fare per rilanciare gli investimenti e, quindi, la crescita?
Usare i soldi che ci sono, ma sono bloccati, con l’obiettivo di mettere benzina nel motore dell’economia. E restituire poi quei soldi, con gli interessi, ai legittimi proprietari. Insomma, costruire un ponte per veicolare il risparmio verso lo sviluppo, un trasferimento di soldi dal materasso al futuro.