Non era necessario essere dei profeti per prevedere che la bolla del Jobs act sarebbe esplosa e che l’abolizione dei voucher avrebbe prodotto un aumento del sommerso e del nero. In un convegno fiorentino dello scorso ottobre intitolato appunto “Jobs act impatto imminente” Confimprenditori aveva sostenuto, dati e proiezioni alla mano, il downing indotto dalla fine degli incentivi e con l’abrogazione dei voucher, una virulenta riedizione del lavoro nero. I dati dell’Istat di queste ore e quelli del Censis notificano che l’inversione di tendenza dell’effimero trend positivo del Jobs act è cominciato e ne certificano il fallimento annunciato. Non solo gli occupati di dicembre sono stati 66 mila in meno rispetto al mese precedente e i più penalizzati sono i giovani ma è aumentato anche il tasso di inattività – cresciuto di oltre centomila unità – di coloro cioè che non cercano nemmeno più un lavoro e dunque per assurdo vanno a incidere sul tasso in calo di disoccupazione. Non basta: aumenta anche il lavoro nero che coinvolge quasi tre milioni e mezzo di persone. Un’esplosione a cui ha decisamente contribuito l’inopinata abrogazione dei voucher e l’assenza di una disciplina contrattuale sul lavoro a chiamata, indispensabile a tenere fermi il quadro della legalità e dei diritti a tutela delle aziende e degli stessi lavoratori.