Gian Franco Seddone, direttore generale di Confimprenditori Sardegna, ci racconta di come la sua regione ha sofferto e reagito alla crisi. Ha raccontato delle difficoltà che un’associazione datoriale come Confimprenditori incontra sul territorio, laddove l’associazionismo si è dovuto riorganizzare.
Quali sono i problemi con le quali le aziende del suo territorio si trovano ad operare quotidianamente?
Prima dell’inizio della crisi iniziata nei primi anni 2000 e scoppiata tra il 2008 e 2009 primeggiava il settore edile con tutto l’indotto che parte dall’impiantistica alla falegnameria – elettricisti – pianellisti e tant’altro. Andava bene il commercio in generale, l’agroalimentare e il turismo. La crisi ha iniziato a colpire la piccola come la grande industria creando un effetto a catena che ha messo in ginocchio tutti i comparti sia i produttori che il commercio, compreso quello dell’arte della cultura. Si sono susseguiti fallimenti a catena: negozi, capannoni in zone industriali di piccole e medie aziende. In Sardegna sono stati messi all’asta 3644 immobili tra case, attività commerciali, capannoni, aziende e terreni. Sono dati allarmanti. Attualmente le imprese che operano quotidianamente sono i piccoli artigiani e le nuove start up che hanno ottenuto il microcredito di 25.000,00 euro a tasso zero da restituire in 5 anni. Sono settori della pasticceria e agroalimentare, commercio al dettaglio, tecnologia, autotrasporti e movimento terra. Tante sono andate bene e tante hanno chiuso per mancanza di fondi. Le banche non finanziano se non hai garanzie sufficienti. Nonostante tutto prevale la micro-piccola-media impresa, la grossa industria nella Provincia di Nuoro è crollata al 99% è stato un vero fallimento sin dall’inizio dell’insediamento anche nella provincia di Cagliari e di Sassari (Porto Torres) ha avuto uno scollamento del 50%.
Come hanno lavorato sul territorio le associazioni e le sigle sindacali?
Per questa crisi si collabora tra le associazioni di categoria ma anche con i sindacati, che non hanno però più il peso di una volta. Siamo uniti contro il governo regionale e nazionale, sia per le forti tasse che non permettono assunzioni, che per la mancanza di finanziamenti su progetti in attesa da anni di essere finanziati.
Come ha risposto alla crisi la sua Regione?
La Regione Sarda è impegnata nel dare risorse ai comuni e alle provincie con finanziamenti per il recupero dei centri storici, con le ristrutturazioni e messa a norma degli istituti scolastici, per il recupero dei borghi antichi esistenti nella nostra isola, dei porti marittimi e tanti altri progetti come ad esempio il recupero delle zone industriali ed è stato stanziato un importo complessivo di 150 milioni di euro, soldi che vengono dati dopo la verifica dei progetti da parte di una commissione tecnica, la sua approvazione e dopo il superamento dei nodi della burocrazia. Anno previsto per l’erogazione dei fondi? 2018, quando l’Italia dovrà fare i conti con le elezioni nazionali.
Eppure leggendo le cronache di questi giorni, come i dati positivi dell’Istat sull’occupazione, sulla penisola sembrerebbero spirare venti di timida ripresa. Ha notato dei cambiamenti a riguardo?
La crisi persiste nel settore dell’edilizia, le piccole imprese del settore hanno piccoli lavori ma continui. Va meglio l’agroalimentare, si produce e si vende bene con l’esportazione, come pure con la produzione dei vini. Vanno forte i piccoli ristoranti con le pizzerie, va bene il piccolo commercio ed essendo in estate c’è una ripresa del settore turistico. Gli stessi numeri positivi dell’Istat tengono conto proprio del lavoro stagionale.
La crisi ha fatto posto alle Pmi o sono più quelle che ha decimato?
La crisi ha investito, oltre all’industria, le Pmi artigiani compresi. Quindi ha decimato attività e dipendenti. In Sardegna al 31/12/2016 erano 18.442 le imprese che si occupavano di edilizia, quelle artigiane erano 10.559 il 57,3%. Ad oggi si registra una flessione del 2,1% con la relativa perdita totale di 297 aziende. Si è registrato un calo, tra tutte le imprese del comparto e si sono perse 40 mila unità di posti di lavoro solo nel comparto edile fra 2008 e 2016.
L’accesso al credito per le Pmi resta uno dei temi caldi: le aziende come si muovono tenuto conto dei diversi canali che hanno a disposizione tra banche, fintech e bandi regionali?
L’accesso al credito è consentito soltanto alle aziende pulite, ovvero che non abbiano segnalazioni di insoluti o altro nel CRIF. Grazie al nostro Consorizo Fidi: Co.Fin Sarda si riesce a far ottenere fidi bancari e salvare l’azienda permettendo perciò il proseguimento delle attività. Questo strumento è allo studio del consiglio di amministrazione per un possibile ufficio o agenzia nella sede della Confimpreditori Nazionale.
Ha riscontrato diffidenza nel girare sul territorio e nel proporre un’associazione datoriale come Confimprenditori?
Confimpreditori in Sardegna è una realtà. Abbiamo uffici a Olbia – Sassari – Oristano e Ogliastra. Diamo servizi a 360 gradi e gli uffici sono frequentati da imprenditori e persone che intendono fare impresa, grazie anche agli incentivi regionali. Stiamo organizzando il settore delle aziende femminili e quello dei giovani imprenditori. Inoltre ragioniamo sul progetto di una finanziaria regionale che promuova una banca di credito cooperativo. Lo scopo di questa iniziativa, espressione delle richieste dei nostri associati, rafforzerà Confimpreditori.
Quanto sono importanti e quanta presa hanno sulle aziende i bandi europei?
I bandi europei sono importanti e la Sardegna reagisce molto bene. Noi come associazione promuoviamo incontri per aggiornare i soci sull’utilità dei fondi europei assegnati tramite la Regione, sia per i contributi a fondo perduto. Ma servono nuove iniziative per rafforzare le aziende.
La rivoluzione digitale sul fisco quanto tornerà utile alle aziende?
La rivoluzione digitale del fisco ha messo in difficoltà quelle aziende che non conoscono la tecnologia, perché si affidano ai loro commercialisti. Solo le nuove imprese sono state in grado da subito di superare questo scoglio, investendo in digitalizzazione. Per fare impresa restare aggiornati e sperimentare è obbligatorio.
Tre problemi con i quali le imprese si scontrano quotidianamente e con i quali dovrebbe confrontarsi la politica.
Le tasse, intanto. Che pesano sulle assunzioni e sulla gestione quotidiana delle Pmi. Secondariamente l’accesso al credito sempre più difficile e rallentato dalla burocrazia, immancabile e costosa. Ultimo, ma non per importanza è il ritardo dei pagamenti da parte degli enti pubblici: fra i 160 e i 190 giorni per vedersi corrisposto il credito.