Il trionfo dei valori liberali avrebbe dovuto segnare l’avvento di un’epoca contrassegnata da una crescente e più equamente distribuita ricchezza, dal venire meno delle guerre, dalla generalizzata espansione della tutela di quei diritti individuati durante l’Illuminismo e così faticosamente conquistati e difesi nel corso del Novecento. Qualcosa però è andato storto e l’Italia, così come l’Europa e il mondo tutto è diventata come il Titanic, in rotta verso un iceberg le cui quattro facce si chiamano: declino della leadership americana ed emergere delle potenze autoritarie di Russia e Cina (sul cui sfondo si stagliano la crisi nordcoreana e quella mediorientale); polverizzazione della minaccia legata al terrorismo; deriva revisionista della presidenza Trump; affaticamento delle democrazie strette tra populismo e tecnocrazia. E’ questo il quadro che emerge dalla lettura di “Titanic, il naufragio dell’ordine liberale” di Vittorio Emanuele Parsi (edizioni il Mulino) che cerca di capire cosa sia andato storto e perché, nonostante tutto, “l’Europa possa ancora contribuire a ristabilire la rotta originaria, ma a condizione di vincere la battaglia più difficile, quella interna per riequilibrare la dimensione della crescita e quella della solidarietà”.
Il crepuscolo dei valori liberali si lega indissolubilmente al tramonto dell’Occidente un tema poco affrontato dai mass media molto più attenti a raccontare un mondo preda del terrorismo, dove i populismi la fanno da padrone. Alla base dei populismi, per Parsi, c’è la scomparsa del popolo e la svalutazione effettiva del vincolo di cittadinanza per cui, paradossalmente, ottenere la green card diventa il modo per restare dentro un demos sempre più polverizzato e fatto a brandelli dalla politica che lo utilizza snaturandolo dal suo essere superamento della divisione in ordini e ceti contraddistinti ognuno dai propri privilegi, dalle proprie leggi private. Ecco allora che il Patriot Act, stipulato dopo l’11 settembre e che doveva mettere in sicurezza l’America da attacchi terroristici, diventa un mezzo per classificare i soggetti stranieri che oggi modifica totalmente i rapporti fra le popolazioni all’insegna della paura. A dirottare l’ordine internazionale liberale l’11 settembre 2001, la guerra in Afghanistan e in Iraq, la crisi finanziaria che oltre a consolidare l’aumento della disuguaglianza su scala domestica e globale ha messo in evidenza la non equità del processo di globalizzazione, provocandone la crescente e robusta contestazione. Tutte promesse mancate che hanno incrinato profondamente l’ordine mondiale.
Il mondo è cambiato, quindi, ma non tutti i paesi sono stati in grado di stare al passo con questi cambiamenti. Le uniche ad emergere vittoriose da questa fase sono state appunto Cina e Russia, che hanno colmato il gap con l’America, oltrepassandola.
L’Italia, a tal proposito, resta vittima di una incomprensibile passività dettata in parte dai suoi governanti, che ad esempio, si sono piegati alle campagne geopolitiche di altre nazioni, mostrando la più assoluta miopia nei confronti dei propri interessi e in particolare di quello delle aziende nazionali. E’ il caso delle sanzioni alla Russia che sono costate alle aziende italiane 5 miliardi in esportazioni e hanno segnato per molte imprese la rovina. Ma non solo. L’essersi assuefatta alle regole rigide imposte dall’Unione Europea ha creato, in Italia così come nel resto dei paesi membri segnati dalla crisi, una cittadinanza politica che priva di solidarietà semplicemente non esiste. E la prassi dell’Unione in questi anni, tutta sbilanciata a favore del rigore e dell’efficienza e indifferente rispetto alla solidarietà tra le sue componenti dei suoi popoli è stata una cattiva lezione che è dilagata anche all’interno degli Stati nazionali, insinuando la possibilità che nel nome dei propri interessi particolari sia possibile disinteressarsi di quelli degli altri, fino a secedere.
Il senso di appartenenza alla casa comune europea ha significato soltanto appoggiare motivazioni economiche e non avere una profonda adesione politica, ecco perché il dilagare di leader come Orban o Marine Le Pen o ancora Beppe Grillo. Ci si può salvare da questo quadro di generale sfacelo? Sì, ripartendo ad esempio da un recupero del valore positivo della sovranità politica ricostruendo un ordine eroso nel tempo, abbandonando l’effetto nostalgia per un mondo che non può tornare ma recuperando la consapevolezza che il mondo in cui viviamo è frutto dell’azione artificiale dell’uomo e in quanto tale può essere decostruito e riscostruito in maniera diversa e migliore. E magari potrebbe aiutare anche prestare ascolto a chi il panorama internazionale lo conosce bene, come le piccole imprese.